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Responsabilità penale colposa per morte o lesioni in ambito medico. Un tema di attualità.

Come noto, la Legge 8 marzo 2017, n. 24 (cd. legge “Gelli-Bianco”) ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies avente ad oggetto la nuova disciplina della responsabilità penale colposa per morte o lesioni in ambito medico.

Il principale elemento di novità introdotto nell’ordinamento da quest’articolo è una causa di esclusione della punibilità del sanitario “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia” e il predetto abbia “rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Rispetto a quanto previsto dalla previgente disciplina contenuta nell’articolo 3 del d.l. n. 189 del 2012 (cd. decreto “Balduzzi”), si può immediatamente constatare come -ai fini dell’applicazione della suddetta causa di esclusione della punibilità- sia venuta meno sul piano letterale la graduazione fra colpa lieve e colpa grave come elemento soggettivo alla base dell’imperizia del sanitario.

Questo sviluppo normativo ha tuttavia comportato delle forti divergenze interpretative in seno alla Corte di Cassazione risolte solo recentemente dalla sentenza n. 8770/2018 delle Sezioni Unite del 22 febbraio 2018.

Si rammenta che in un primo momento, con la sentenza n. 28187 del 20 aprile 2017 della Quarta Sezione penale, la Corte di legittimità aveva fornito un’interpretazione in senso particolarmente restrittivo della riforma “Gelli-Bianco” tale da rendere di difficile, se non impossibile, l’applicazione. Infatti, la lettura data dalla Suprema Corte ha riconosciuto al sanitario tenuto ad attenersi alle linee guida solamente “la pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli”. Sostanzialmente tale sentenza sanciva che, ai fini dell’esclusione della punibilità, non assumono alcun rilievo le condotte mediche viziate da errori manifesti nell’applicazione delle seppur corrette linee guida. Addirittura, in questo frangente si era arrivati ad ipotizzare l’incostituzionalità del nuovo art. 590sexies del codice penale sia rispetto all’articolo 32 Cost. -per la minaccia al diritto alla salute connessa alla non punibilità anche per colpa grave dell’imperizia- sia soprattutto riguardo all’articolo 3 Cost., poiché si sarebbe venuto ad instaurare, rispetto alla responsabilità professionale del sanitario, un regime normativo “irrazionalmente diverso rispetto a quello di altre professioni altrettanto rischiose e difficili”.
Peraltro, riferendosi alla successione temporale delle leggi penali, i giudici sostenevano persino che il nuovo regime si applicasse solo ai fatti commessi in epoca successiva alla riforma, mentre per i fatti anteriori, quando pertinente, poteva trovare applicazione la ritenuta più favorevole normativa del decreto “Balduzzi”.

Successivamente, con la sentenza n. 50078/2017, la medesima Quarta Sezione penale giungeva ad una soluzione ermeneutica assolutamente di segno contrario. Infatti, tale decisione proponeva la piena valorizzazione delle finalità della legge attraverso una lettura strettamente letterale dell’articolo 590sexies c.p. In questa circostanza, infatti, la Corte di legittimità ha enunciato un principio di diritto secondo il quale la L. 24/2017 “prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso) nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse”. Questa pronuncia pertanto stabiliva che qualora le linee guida fossero state rispettate, in presenza di imperizia -intesa come “violazione delle leges artis”- nella concreta esecuzione dell’intervento e non nella scelta dello stesso e delle relative linee guida (ovvero la c.d. imperizia in eligendo, che resterebbe punibile assieme ai casi di negligenza ed imprudenza) non vi sarebbe responsabilità penale colposa del medico; non sussistendo così più un problema di graduazione della colpa, poiché anche la colpa grave verrebbe ricompresa nell’area di applicazione della nuova causa di non punibilità del sanitario.

Tale opposto orientamento rispetto alla nuova disciplina dell’art. 590sexies comportava, di conseguenza, un completo superamento della previgente normativa non solo a livello temporale ma anche sul piano della maggiore favorevolezza per il reo, in quanto finalizzata a restituire all’agente una maggiore serenità operativa.

Il suddetto conflitto interpretativo è pervenuto ad una sintesi con la sentenza n. 8770/2018 delle Sezioni Unite, la quale, oltre a confermare il ruolo decisivo delle linee guida in ambito sanitario, ha ridisegnato i confini entro cui opera la nuova causa di esclusione della punibilità prevista dalla legge “Gelli-Bianco”.

Di fatto le Sezioni Unite hanno affermato che l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica in questi casi:
– se l’evento si è verificato per colpa anche lieve dettata da imprudenza o negligenza;
– se l’evento si è verificato per colpa anche lieve dettata da imperizia in 2 ipotesi:

a) in quella di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’intervento quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
b) in quella di errore nell’individuazione della tipologia di intervento e delle relative linee guida (imperizia in eligendo) che non risultino adeguate al caso concreto;

– se l’evento si è verificato per colpa solamente grave dettata da imperizia nell’esecuzione dell’atto medico quando il medico abbia comunque scelto e rispettato le linee guida adeguate al caso concreto.

Tale soluzione rappresenta dunque un compromesso tra i due precedenti orientamenti in quanto se da un lato non riconosce un’assoluta impunibilità nel caso imperizia del sanitario (così come paventato invece dalla sentenza n. 50078/2017), dall’altro non priva totalmente di significato il contenuto della nuova normativa introdotta dalla L. 24 del 2017 (contrariamente a quanto emerso nella sentenza n. 28187/2017).

Tuttavia, è evidente come il principio di diritto enucleato dalle Sezioni Unite abbia ripristinato, seppur parzialmente, la situazione normativa nel campo della responsabilità medica allo status successivo all’entrata in vigore del decreto “Balduzzi” del 2012, avendo, di fatto, reintrodotto la distinzione tra colpa lieve e colpa grave. In questo senso dunque è stata apparentemente frustrata la scelta di politica criminale posta in essere dal legislatore e finalizzata a favorire la posizione del sanitario, restringendo il raggio d’azione della responsabilità penale e prevenendo il fenomeno della cd. “medicina difensiva”.

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