La c.d. “unione fiscale” immobiliare: agevolazioni IMU e TASI per unità contigue?

L’Agenzia delle Entrate torna ad occuparsi del campo applicativo dell’IMU a fronte di due unità immobiliari distinte ma funzionalmente adibite, unitariamente, a dimora familiare.
La fattispecie, in altre parole, è quella di due immobili attigui con autonoma iscrizione in catasto, appartenenti ad esempio uno alla moglie e l’altro al marito, utilizzati di fatto come unica abitazione.
Nonostante l’autonoma iscrizione al Catasto – ciascuna con un proprio numero di subalterno ed una propria corrispondente proprietà – le unità vengono messe in collegamento mediante l’apertura di un vano porta, al fine di costituire complessivamente una singola abitazione principale. Il tutto senza però dare seguito alla “fusione immobiliare” vera e propria, ossia l’accorpamento catastale, di fatto impossibile quando ci si trova di fronte a locali aventi tra loro diverse titolarità.
A stretto rigore – e sul punto la giurisprudenza è invero ondivaga e non conforme – dovendo i due coniugi avere la residenza in una sola abitazione, questi (o quantomeno uno di essi) dovrebbero scontare l’imposizione IMU per l’unità considerata “seconda abitazione”.
Occorre dunque interrogarsi sulla posizione del Fisco (segnatamente, del Comune di riferimento in qualità di titolare del tributo in esame) se dato il particolare utilizzo degli immobili – effettivamente goduti nella pratica come unica più ampia abitazione (principale) dai membri dello stesso nucleo familiare – sussistono margini per addivenire ad una sorta di “unione fiscale” valida ai fini del riconoscimento dell’esenzione IMU.
Sul punto la normativa è estremamente farraginosa, dovendosi necessariamente rifare a concetti complessi quali l’autonomia funzionale e reddituale.
In particolare, per “autonomia funzionale” s’intende l’insieme inscindibile delle caratteristiche che rendono indipendente e pienamente godibile un bene immobile, considerato lo stato di fatto in cui si trova e secondo gli usi locali. Di “autonomia reddituale”, invece, se ne parla quando il bene è in grado, autonomamente, di produrre un certo reddito indipendente da altre porzioni facenti parti dello stesso compendio immobiliare.
Nel caso in cui, in seguito ad interventi di ristrutturazione effettuati su una o entrambe le abitazioni, vengano meno – almeno per una unità – i menzionati requisiti, i due cespiti, pur restando preclusa la possibilità di “fonderli” in un’unica unità immobiliare, potrebbero essere oggetto di una unione di fatto ai soli fini fiscali.
Il riferimento di prassi che pare confermare tale circostanza si rinviene nella Circolare dell’Agenzia Entrate n. 27/E del 2016, la quale indica “il percorso” da compiere per attuare l’unione in esame e ottenere il beneficio fiscale.