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I BONUS ACCESSIBILI PER RIQUALIFICARE GLI IMMOBILI DI IMPRESE E PARTITE IVA

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I BONUS ACCESSIBILI PER RIQUALIFICARE GLI IMMOBILI DI IMPRESE E PARTITE IVA

Come noto, uno degli strumenti principali cui il Governo italiano ha ritenuto di ricorrere per incentivare il rilancio dell’economia italiana nell’era “post-Covid19” è costituito da bonus nella forma di crediti d’imposta destinati alla promozione della riqualificazione degli edifici.

In effetti, non si tratta di uno strumento del tutto nuovo in quanto lo ritroviamo nei suoi elementi essenziali già nel Testo Unico delle imposte sui redditi (art. 16bis del DPR 22 dicembre 1986 n. 917) a seguito delle modifiche introdotte con la L. 27 dicembre 1997 n. 449 e, successivamente, nella Legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006 n. 296, art. 1, commi da 344 a 347), nella Legge di Stabilità del 2011 (L. 13 dicembre 2010 n. 220, art. 1, comma 48) ed ancora nel Decreto-legge 4 giugno 2013 n. 63 volto al definitivo recepimento della Direttiva 2010/31/UE.

Se si considera che, come continua a confermare il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la gran parte della ricchezza privata degli italiani risiede nelle proprietà immobiliari, si comprende come recenti studi della Banca d’Italia abbiano rilevato che i c.d. ecobonus abbiano generato una ricchezza complessiva e di indotto di gran lunga superiore al costo per le casse dello Stato. Infatti, la progressiva estensione delle classi di intervento sul patrimonio edilizio privato ne ha notevolmente aumentato il valore complessivo stabilizzando, al contempo, il comparto dell’edilizia delle ristrutturazioni a discapito di quella delle nuove costruzioni che per lungo tempo ha dominato il mercato.

A ben vedere, ancorché l’impulso all’impiego di questi strumenti sia provenuto dagli imperativi ecologici imposti dall’Unione Europea, il Governo italiano si è progressivamente reso conto delle potenzialità nell’ambito delle economie di settore anche in ragione dell’elevata pressione fiscale che grava su cittadini e imprese.

In altri termini, il crescente panorama di queste agevolazioni fiscali è divenuto uno strumento lecito di abbassamento delle tasse che, contemporaneamente, condiziona e orienta le decisioni di spesa dei contribuenti italiani. Quel che non era di immediata percezione e che è stato reso noto dalla Banca d’Italia è che le spese per riqualificazione energetica degli edifici privati costituiscono anche un fruttifero investimento che può generare valorizzazioni patrimoniali dal 10% al 40%. Se poste in relazione al breve periodo sul quale è distribuita la detrazione (5 anni), si comprende come queste operazioni siano in grado di generare un ritorno economico competitivo rispetto ad altre forme di investimento.

Ciò appare ancor più eclatante alla luce del recente Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020 n. 34) laddove, all’art. 119, ha elevato l’aliquota della detrazione per determinati interventi al 110%, prevedendo -e qui sta la vera novità- la cedibilità del credito d’imposta a soggetti terzi (art. 121). L’innovatività di tale normativa consiste proprio nel concepire apertamente tali bonus non più solo come incentivi all’efficientamento energetico dei fabbricati, ma anche e soprattutto come investimento sicuro e affidabile in tempi di crisi, nonché, in ultima istanza, come vigoroso impulso per il rilancio dell’economia del Paese.

Tuttavia, un singolare aspetto di tale efficace strumento desta serie perplessità e consiste nella limitazione dei beneficiari a condominii e persone fisiche, oltre a residuali categorie come Cooperative di abitazione a proprietà indivisa, istituti autonomi case popolari e associazioni o società sportive dilettantistiche. Infatti, il comma 9 dell’art 119 del D.L. n. 34/2020 sembra escludere apertamente imprese e professionisti dalla platea dei beneficiari. Non sfugge il manifesto intento di non comprimere uno dei principali comparti del prelievo erariale.

Ciò non di meno, ad un più attento esame della normativa e alla luce della recente circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 24/E del 8 agosto 2020, si è indotti a ritenere che tale conclusione sia forse troppo affrettata.

Infatti, va subito evidenziato che, con la circolare su menzionata, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, con la locuzione “interventi effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari”, il Legislatore ha inteso precisare che “la fruizione del Superbonus riguardi unità immobiliari (oggetto di interventi qualificati) non riconducibili ai c.d. “beni relativi all’impresa” (art. 65 del TUIR) o a quelli strumentali per l’esercizio di arti e professioni (art. 54, comma 2, del TUIR)”.

In alteri termini, appare pacifico che anche gli imprenditori o i titolari di partita IVA che intendano effettuare lavori su beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa o dell’attività professionale, hanno diritto a beneficiare del Superbonus.

In secondo luogo, l’Agenzia delle Entrate precisa che l’imprenditore o il titolare di partita IVA sono ammessi a beneficiare del Superbonus senza vincoli in relazione a quegli interventi che interessano le parti comuni dell’edificio condominiale di cui fa parte l’immobile strumentale, a condizione che la maggior parte di tale edificio sia destinata ad abitazioni private.

La circolare n. 24/E specifica al riguardo che: “In tal caso, la detrazione spetta, in relazione agli interventi riguardanti le parti comuni, a prescindere dalla circostanza che gli immobili posseduti o detenuti dai predetti soggetti siano immobili strumentali alle attività di impresa o arti e professioni ovvero unità immobiliari che costituiscono l’oggetto delle attività stesse ovvero, infine, beni patrimoniali appartenenti all’impresa.”

A ben vedere, però, vi è un terzo aspetto della nuova normativa che interessa imprenditori e partite IVA e che è sfuggito a molta parte dei commentatori. L’art. 121, comma 2, del D.L. n. 34/2020 ha espressamente esteso l’applicabilità della cessione del credito d’imposta anche ad alcuni interventi contemplati dall’art. 16 del precedente D.L. n. 63/2013, ovverosia:

  1. recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
  2. efficienza energetica di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90 e di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 119;
  3. adozione di misure antisismiche di cui all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n.  90, e di cui al comma 4 dell’articolo 119;
  4. recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, ((commi 219 e 220)), della legge 27 dicembre 2019, n. 160;
  5. installazione di impianti fotovoltaici di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, ivi compresi gli interventi di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 119 del presente decreto;
  6. installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici di cui all’articolo 16-ter del decreto-legge 4 giugno 2013, n.  63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e di cui al comma 8 dell’articolo 119.

Ebbene, ai sensi del comma 5 dell’art. 16bis del TUIR, gli interventi di cui alle lettere a) ed e) danno diritto alla detrazione nella misura del 50% quando l’unità immobiliare residenziale è adibita “promiscuamente all’esercizio dell’arte o della professione, ovvero all’esercizio dell’attività commerciale”. In altri termini, l’immobile strumentale dell’impresa o dell’attività professionale che abbia anche una destinazione abitativa rientra fra quelli sui quali possono essere eseguiti interventi che danno diritto di accedere al credito d’imposta cedibile, ancorché in misura ridotta.

Non va dimenticato che, per le partite IVA in regime forfettario, la cessione del credito o lo sconto in fattura sarebbero l’unica possibilità per beneficiare del bonus.

Inoltre, si noti che le limitazioni soggettive previste dall’art. 119, comma 9, D.L. n. 34/2020, non sono previste per gli interventi di cui alle lettere c) ed f).

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